Organizzazione: CNR - Istituto IRCRES (Istituto di ricerca per la crescita economica sostenibile)

E-mail: [email protected]

Punto di partenza / problema:

Si tratta di una buona pratica consolidata grazie alla sperimentazione in 5 progettualità. Si è partite come Ircres CNR dall'osservare che la transizione scuola-lavoro, università-lavoro diviene sempre più complessa perché deve integrare le esigenze, sempre meno derogabili, di tutte le parti coinvolte:

  • l’azienda necessità di creare valore

  • gli studenti necessitano di fare una esperienza attiva, realmente formativa di competenze rivendibili sul mercato

  • le università/scuole necessitano di controllare e promuove la qualità degli stage e dei tirocini Inoltre il tessuto socio-economico attuale, caratterizzato da un forte dinamismo delle imprese e da una crescente flessibilità dei lavoratori richiede sempre più persone responsabili, qualificate con spiccate capacità di autoimprenditorialità, ossia capaci di dare forma a cambiamenti organizzativi apportando creatività, propositività, sviluppo e innovazione.

I profondi cambiamenti nel modo di produrre e la globalizzazione hanno accentuato in tutti i paesi la “flessibilità” del lavoro, i rischi e le insicurezze e le nuove opportunità. In particolare i tassi di disoccupazione dei giovani laureati sono allarmanti e l’Italia detiene, purtroppo, il più alto tasso in Europa di “tempo di attraversamento” dagli studi al lavoro, soprattutto per i laureati. Ciò si traduce in un forte aumento in Italia dei NEET (nel 2018 attorno al 21% tra i laureati in rapporto ai 25-29 anni, che salgono al 28% tra i diplomati e al 50% tra i non qualificati). Rispetto a quanto avviene negli altri Paesi Ocse (la media è circa 10%) si nota in Italia una percentuale più che doppia dei laureati, mentre per i diplomati e non qualificati italiani il valore è molto più alto (rispettivamente 28% e 50%) seppure allineato alla media Ocse. Ciò significa che i giovani senza titolo di studio (non qualificati) e, in misura minore, i diplomati, sono quelli in maggiore difficoltà. Ciò non toglie che tra i laureati dei 33 Paesi più industrializzati sono soprattutto quelli italiani a maggior rischio. In sostanza chi non si diploma è a rischio ovunque ma chi si laurea lo è in particolare in Italia e nell’ordine: in Grecia, Turchia, Italia, Sud Africa, Spagna, Colombia, Messico. Ciò spiega perché i laureati italiani abbiano il più basso tasso di occupazione dopo 12 mesi tra i 33 Paesi Ocse (68%) nella fascia 25-34 anni. Questi dati evidenziano che per ridurre i NEET occorra intervenire prima che gli studenti escano dal ciclo di studi. Una volta al difuori del ciclo di studi, infatti, le spese per raggiungerli e proporre percorsi formativi o di ingresso al lavoro sono altissimi e con scarsi risultati. Se invece si rafforza il percorso della prima transizione al lavoro e si offre un accompagnamento esperto nella fase finale degli studi, le spese si riducono tantissimo e i risultati sono migliori. Alle criticità relative alle modalità di ingresso nel mondo del lavoro si affianca una crescente attenzione per la necessità, non più derogabile, di creare un sviluppo economico reale ed innovativo nelle organizzazioni e nei territori.

Rispetto a questo contesto i diversi attori che intervengono nelle dinamiche dell’occupazione si trovano ad affrontare diverse criticità:

  • l’università è chiamata ad offrire servizi di placement capaci di cogliere le domande del mercato, di offrire una reale opportunità di occupazione per i giovani e essere, al contempo, una opportunità di contatto con le imprese che porti valori aggiunto anche in termini di rinnovamento della didattica. Tale trasformazione è necessaria: per motivi economici (diminuzione dei fuori corso e aumento delle iscrizioni), per motivi sociali (qualità del servizio offerto soprattutto dalle università pubbliche), per motivi culturali e di ricerca (il placement e l’adeguamento della didattica sono strumenti che permettono al mondo accademico di rimanere connessi ai problemi reali della società). Tale trasformazione, però, non è attuabile con le sole forze di una struttura organizzativa e culturale che parla un linguaggio molto diverso dal mondo economico circostante. Gli uffici di placement delle università il più delle volte si limitano ad offrire stage e tirocini di carattere non formativo e con possibilità di assunzione scarse. Sono numerosi i servizi on line dedicati alla pubblicazione di offerte di stage o lavorative ma non vi è alcun supporto reale alla transizione dallo studio al primo lavoro. Soprattutto l’università pubblica paga il mancato collegamento con il mondo delle imprese, rispetto alle quali le università private sono notoriamente più connesse. Si pensa che l’Accademia universitaria capace di raggiungere vette notevoli nella Ricerca e nella stessa Didattica sia, per “definizione”, capace di fare qualsiasi cosa. In realtà la transizione al lavoro è una questione complessa che implica un expertise che spesso manca alle Università più prestigiose. La transizione scuola-lavoro è, in un certo senso, una “terra di confine”, il cui governo potrebbe essere migliorato dalla costruzione di partnership innovative con attori affidabili e capaci di portare metodologie innovative che consentano di raggiungere risultati apprezzabili senza disperdere le poche risorse economiche in azioni inefficaci.

  • gli istituti tecnici e professionali, nel panorama dell’istruzione secondaria, sono stati quelli maggiormente interessati da riforme focalizzate sulla relazione con le imprese nella fase finale dei percorsi di studio. Di fatto la facilitazione nell’ingresso del mondo del lavoro risulta ancora problematica per motivi non troppo diversi da quelli che riguardano le strutture universitarie;

  • i servizi per l’impiego e gli altri enti parastatali presenti sul territorio fanno i conti con la necessità di attivare iniziative di portata numerica molto ampia. Essi non costituiscono un sistema efficace di collegamento tra organizzazioni e giovani (soprattutto per i laureati). I servizi offerti sono di carattere quantitativo più che qualitativo;

  • le società di consulenza dedicate all’orientamento lavorativo e alla consulenza individuale con metodologie di counselling e coaching sono molto diffuse. La loro azione, non sempre efficace, dipende dal carattere elitario di questi servizi ma, ancora di più, dall’utilizzo di metodologie che lavorano sulla professionalità e le capacità dell’individuo senza, però, creare una congiunzione con lo sviluppo organizzativo e, di conseguenza, con i contesti reali in cui tali competenze dovrebbe essere utilizzate;

  • le organizzazioni, sia pubbliche che private, a fatica riescono a valorizzare i talenti e le capacità innovative dei giovani. Tendono a sminuire l’apporto che un giovane può dare all’organizzazione e lo vivono come un “peso” da gestire e formare più che come una risorsa. La gestione delle emergenze quotidiane impedisce di individuare ambiti di sviluppo da proporre a un giovane e qualora ciò fosse possibile non saprebbero come accompagnarlo. Anche nella scelta dei giovani da inserire in organico le organizzazioni spesso utilizzano logiche di vecchio stampo basate sui profili accademici e non sulle competenze organizzative e di sviluppo;

  • i giovani diplomati in istituti tecnici fanno spesso i conti con una discrasia tra ciò che hanno studiato nelle aule e la realtà delle imprese. Le attività di stage/tirocinio tradizionalmente concepite spesso non sono sufficienti a dare un reale orientamento al mondo del lavoro;

  • i laureati affrontano attività di tirocinio e stage mediati da uffici di placement che, in particolare nelle università pubbliche, si limitano a gestire aspetti amministrativi e a svolgere un “allocamento” in cui non c’è alcun incontro (o tantomeno reciproca scelta) tra studente e impresa. In tal modo le esperienze efficaci si riducono moltissimo.

La possibilità di occupazione dei giovani costituisce un indicatore importantissimo dello sviluppo di un territorio e fenomeni come la migrazione giovanile connessa all’occupazione (sia tra regioni della stessa nazione che tra diverse nazioni) può essere affrontata solo con un approccio sistemico che trasformi le criticità dei diversi attori in domande di sviluppo che possano essere la base di una visione sistemica ed olistica. Con tali presupposti nell’ambito delle attività di ricerca azione Cnr-Ircres sono stati progettati e attuati dei percorsi innovativi, denominati “placement per lo sviluppo” basati sulla metodologia della leadership orizzontale per le organizzazioni integrate (Rizziato 2020) che sono stati applicati sia a livello universitario che di scuola secondaria. Tali progetti hanno mostrato la loro efficacia in relazione a 3 macro-obiettivi: a-fare dell’esperienza di stage/tirocinio/lavoro una realtà che possa portare un contributo alle imprese in termini di sviluppo organizzativo; b-affiancare i giovani laureati nella generazione di competenze di promozione e gestione di processi di sviluppo organizzativo diventando così importanti per l’organizzazione ospitante e favorendo quindi un’assunzione alla fine dello stage/tirocinio; c-favorire lo sviluppo locale in termini di collegamento sinergico tra le organizzazioni (Università, imprese, enti pubblici, e giovani) e le esigenze di creazione di nuovi posti di lavoro. La denominazione di tali progettualità come “placement per lo sviluppo” sta proprio ad indicare che essi costituiscono, in un certo senso, l’infrastruttura entro cui i singoli attori, perseguendo il proprio sviluppo (come individui o come organizzazioni) generano uno sviluppo di più ampia portata in termini di ricadute a livello di territorio. Tale visione trova conferma in diverse testimonianze di imprenditori, manager, rappresentati delle istituzioni universitari e scolastiche oltre che nella realizzazione concreta di progettualità di sviluppo da parte dei giovani nonché nella trasformazione degli stage in proposte di lavoro. (vedi documentazioni in http://retelse.ceris.cnr.it/le-esperienze-2/)

Buona pratica:

I progetti sono stati impostati per fare in modo di sostenere da subito le organizzazioni dal punto di vista delle loro esigenze di sviluppo considerando i giovani dei leader potenziali dello stesso, che sono stati poi sostenuti con una modalità formativa innovativa derivante dalle attività di ricerca azione del CNR Ircres (si veda documentazione specifica in http://retelse.ceris.cnr.it/le-esperienze-2/ e Rizziato WP3/2010, WP12/2018, 2020). Di seguito le fasi della buona pratica progettuale

FASE 1: Esplorazione delle domande di sviluppo delle imprese La fase consiste nell’individuare organizzazioni interessate ad accogliere giovani tramite un contratto di stage/tirocinio e nell’individuare con esse delle “domande di sviluppo”. Fermo restando la necessità di consulenti che padroneggino i principi della leadership orizzontale, tale esplorazione può essere effettuata con visite presso le organizzazioni o attraverso dei Workshop inter-organizzativi. L’importanza di questa fase è strategica perché, a differenza di quanto accade nei normali servizi di placement, l’organizzazione ha una opportunità per riflettere sulle criticità che vive e di ri-formularle in forma di domanda. Nella esperienza dei vari progetti questo passaggio per le imprese si è sempre rivelato di grande valore aggiunto. Le domande così estrapolate diventeranno gli ambiti di sperimentazione personale e organizzativa dei giovani che saranno selezionati dall’organizzazione per il periodo di stage. È interessante notare come in questa fase numerose organizzazioni aumentano il numero di posti in stage inizialmente messi a disposizione. Ciò è segno di come le come le organizzazioni, dal momento in cui hanno individuato una domanda di sviluppo rispetto alla quale ingaggiare un giovane, hanno accantonato l’idea che ospitare un giovane all’interno dell’organizzazione costituisca più un peso che una opportunità. L’emersione della domanda di sviluppo permette di allargare le prospettive dell’organizzazione e di creare, di conseguenza, una maggiore domanda di lavoro.

FASE 2: Abbinamento giovane-organizzazione Per fare in modo che tra i giovani partecipanti al progetto e le organizzazioni ci sia una scelta reciproca di collaborazione l’abbinamento giovani-organizzazione è strutturata in quattro passaggi:

1. Presentazione delle aziende ai giovani presso l’università/scuola; Le organizzazioni vengono contattate dai consulenti, o in specifici workshop vengono aiutate a mettere a fuoco una domanda di sviluppo da proporre a un giovane. Sono poi chiamate a fare una presentazione ai ragazzi della propria realtà, con un particolare focus sugli aspetti biografici e sulla domanda. L’obiettivo di questa fase è permettere ai ragazzi di conoscere le domande di sviluppo e, al contempo, di farsi una idea dell’identità e della cultura dell’organizzazione. La presenza di una domanda di sviluppo che richiede l’implementazione di un processo o la creazione di un nuovo processo fa sì che l’incontro tra organizzazioni e giovani non avvenga sulla base di profili professionali astratti. A differenza di quanto avviene normalmente sul mercato del lavoro, infatti, in questi progetti le organizzazioni esprimono le loro esigenze non solo in termini di requisiti curriculari, o di precedenti esperienze lavorative, bensì di capacità necessarie ad affrontare le domanda di sviluppo individuate nella prima fase progettuale. Allo stesso tempo i giovani valutano le diverse offerte di stage non solo in base al nome dell’organizzazione, alle sue dimensioni o al suo core business ma in relazione al contributo che gli viene richiesto di dare, agli spazi di libertà che gli vengono concessi, alle successive opportunità lavorative legate allo sviluppo di un determinato processo.

2. Scelta affiancata da parte dei giovani delle organizzazioni a cui candidarsi per un colloquio A seguito delle presentazioni delle organizzazioni i giovani definiscono con quali realtà vogliono sostenere il colloquio selettivo e indicano l’ordine di preferenza. Considerando che ciascun giovane può esprimere solo un numero limitato di preferenze e che non è detto che l’organizzazione accolga tutte le candidature, si tratta di una scelta strategica che richiede al giovane una prima presa di responsabilità, nonché la definizione dei propri criteri personali di scelta. Lo staff di progetto in questa fase, così come nella precedente, per aiutare la valutazione dei giovani ha cercato di rendere evidenti gli aspetti peculiari di ciascuna offerta.

3. Svolgimento assistito dei colloqui; Ciascuna organizzazione effettua i colloqui con i possibili candidati. L’assistenza degli esperti del progetto è fondamentale per evitare che l’organizzazione cada nella logica del “profilo professionale”. L’idea di base è quella di mettere l’organizzazione in condizione di conoscere le capacità e il livello di intraprendenza del candidato rispetto alla domanda di sviluppo espressa, senza fermarsi al titolo di laurea o al tipo di specializzazione.

4. Graduatoria delle aziende rispetto ai candidati e scelta finale Ciascuna organizzazione stila una graduatoria in ordine di preferenza dei candidati che ha incontrato, salvo la scelta di non inserire affatto in graduatoria chi non ritiene per nulla idoneo. Le graduatorie vengono presentate ai giovani in un apposito Workshop, che abbiamo chiamato “mercatino del placement”. I giovani che arrivano al primo posto in più organizzazioni dovranno fare la scelta di dove svolgere il proprio stage e, di conseguenza, lasceranno il posto libero al secondo in graduatoria. Questo meccanismo fa sì che siano i ragazzi a scegliere in definitiva dove fare lo stage e in base alle scelte di ognuno si modificano le possibilità di chi è più basso in graduatoria. Questo sistema di abbinamento stageur-organizzazione permette di creare un sistema di domanda/offerta in cui i giovani hanno a più riprese la possibilità di scegliere e valutare (sia nella fase in cui indicano con chi vorrebbero sostenere il colloquio, sia nel decidere dove collocarsi in base alle graduatorie delle aziende) diventando una parte attiva e determinante del processo di selezione e scelta.

FASE 3: Accompagnamento dei giovani quali leader di sviluppo Una volta effettuato l’abbinamento organizzazione-giovane sulla base di una domanda di sviluppo si avvia una fase di accompagnamento allo stage che ha l’obiettivo di affiancare il giovane nell’agire il ruolo di sviluppatore, così come definito per le organizzazioni. Ogni stagista, entrando nell’organizzazione, prende in carico la domanda di sviluppo e diventa responsabile della sua esplorazione nella organizzazione e sviluppo in processi innovativi. Perché i giovani siano in grado di essere degli agenti di cambiamento è necessario che abbiano un duplice supporto:

  • un accompagnamento nella comprensione dell’organizzazione da un punto di vista sistemico-evolutivo e delle modalità tramite cui possono intervenire in essa per stimolare uno sviluppo;

  • un accompagnamento al proprio sviluppo personale connesso alle nuove competenze che devono mettere in campo per sostenere l’organizzazione nel processo di sviluppo.

A differenza di quanto accade nel sistema di formazione universitario tale accompagnamento può concretizzarsi solo se lo stagista viene messo in condizione di imparare dall’esperienza. Di prendere iniziative attuando delle strategie di apprendimento e sviluppo personale in relazione ad una realtà lavorativa. Ad un processo cognitivo basato sull’astrattezza si contrappone la possibilità di generare apprendimento e miglioramento secondo il principio andragogico di ancoramento alla realtà e di utilità. La logica di lavoro e apprendimento è stata quella documentata in varie pubblicazioni di ricerca azione Ircres (si veda Rizziato WP3/2010, WP12/2018, 2020 e documentazione specifica in http://retelse.ceris.cnr.it/le-esperienze-2/) che trattano dell’apprendimento trasformativo generativo di nuovi processi organizzativi e di nuove competenze. Proprio per questi motivi l’accompagnamento in questi tipi di progetto è realizzato secondo una modalità ritmica, che alterna ai momenti di immersione nella realtà organizzativa, momenti di riflessione e capitalizzazione delle esperienze. Il periodo di affiancamento, che solitamente va dai 6 mesi ad un anno, accompagna tanto l’organizzazione quanto il giovane in due fasi 1. fase di orientamento e di coinvolgimento: i giovani sono supportati ad orientarsi rispetto alla realtà dell’organizzazione, alla sua biografia, all’identificazione del core business e dei processi di supporto. L’obiettivo della fase di coinvolgimento è la messa a fuoco della domanda di sviluppo proposta loro cercando di circoscriverne l’ambito ma, soprattutto, di approfondirla e condividerla tramite una modalità dialogica di coinvolgimento di colleghi, clienti, fornitori. 2. fase di investigazione e di sperimentazione: vengono investigate possibili idee di cambiamento rispetto alle criticità che la domanda ha evidenziato per poi definire i processi di sviluppo (innovazione di processo o processo innovativo) che saranno poi sperimentati. Essi sono il frutto di una fase di confronto con gli attori chiave dell’organizzazione mirata a far emergere idee concrete per generare dei processi di cambiamento sulla base della domanda di sviluppo. I giovani sono, quindi, supportati nel passare da una domanda di sviluppo a un processo sperimentale di cambiamento. Solitamente in tale fase si creano anche delle occasioni di incontro con l’organizzazione ospitante tramite visite o workshop. Durante l’accompagnamento il giovane è chiamato a lavorare attivamente in tre tipologie di momenti: incontri d’aula per orientare la lettura delle dinamiche organizzative; momenti esperienziali; momenti di affiancamento personale. I momenti d’aula sono stati dedicati alla condivisione di alcuni aspetti chiave del paradigma della leadership orizzontale per le organizzazioni integrate nonché ad attività in sottogruppi, gestite con appositi esercizi dialogici finalizzati anche alla definizione di passi concreti da attuare nell’organizzazione. La parte esperienziale, coincidente con le attività che vengono svolte all’interno dell’organizzazione, è il momento in cui ciò che è maturato negli incontri di aula trova una diretta applicazione nella realtà. Il ritorno ritmico in aula consente poi di riflettere sull’esperienza fatta e di valutare i passi successivi. L’affiancamento personale avviene in sottogruppi da 4 o 5 persone che, guidati da un consulente, hanno l’obiettivo di accompagnare lo sviluppo individuale dei partecipanti con riferimento alle proprie criticità caratteriali e comportamentali. Vengono così generate nei partecipanti delle competenze che rispondono a quanto sollecitato dalla unione Europea che chiede alle istituzioni di stimolare l’ “imparare ad imparare” e lo “spirito di iniziativa e imprenditorialità” .

Esperienze e risultati Come precedentemente accennato i progetti di placement per lo sviluppo sono stati attuati sia in realtà universitarie che di scuola secondaria con ottimi risultati. Il successo delle iniziative è stato valutato rispetto a tre aspetti:

  • i feedback dati dai giovani in relazione all’utilità dei progetti e allo sviluppo di specifiche competenze personali;

  • il numero di processi innovativi che le imprese, grazie ai giovani, hanno implementato con un conseguente valore aggiunto sul tessuto economico e territoriale;

  • il numero di casi in cui il rapporto di stage si è trasformato in un rapporto di lavoro retribuito Per ulteriori dettagli si veda il sito delle progettualità con report e documentazione video (http://retelse.ceris.cnr.it/)

La buona pratica propone quindi modalità di placement innovativo in grado di:

  • portare un contributo alle imprese in termini di sviluppo organizzativo;

  • promuovere nei tirocinanti/stagisti l’acquisizione di capacità autoimprenditive e la generazione di competenze di “esperti di processi di sviluppo”;

  • rafforzare l’offerta didattica del mondo dell’istruzione tramite un collegamento con il mondo delle imprese in relazione alle loro esigenze di sviluppo;

  • creare una collaborazione tra imprese, scuola e strutture di ricerca al fine di promuovere uno sviluppo integrato del territorio;

  • valorizzare la capacità degli istituti formativi di facilitare l’occupazione dei propri iscritti.

Problemi e vincoli riscontrati e soluzioni trovate:

La maggiore criticità emersa è quella di dare continuità progetti con le università, oltre che dover gestire le complesse burocrazie dell’ente pubblico erogatore dei fondi e delle Università. L’idea alla base delle sperimentazioni sarebbe quella di promuovere delle start up di giovani che, dopo un anno di affiancamento a questo tipo di progettualità possano agire come imprese innovative di collegamento tra imprese del territorio e Università creando così una forma di sviluppo locale che possa crescere in modo sistemico.

Good Practice Category